Non si può parlare di blockchain senza parlare di token.
Ma cosa definiamo esattamente con questo termine?
Il concetto di “token” non è nuovo.
Come vedremo in questo post, lo conosciamo da tempo e lo utilizziamo sotto tante forme e per applicazioni e casi d’uso molto diversi tra loro.
Nell’ambito della tecnologia blockchain, un token può essere considerato come un gettone digitale.
Che valore ha questo gettone?
Il valore di un token viene determinato dal mercato, da come gli utenti decidono di scambiarlo e da cosa viene stabilito, per convenzione, che quello specifico token debba rappresentare. Il suo valore può essere fissato da un ente o da un’organizzazione.
In generale, un token può essere definito come un’unità di valore.
Quando ci riferiamo ad un token, parliamo quindi di un elemento che assume un determinato valore in quanto inserito all’interno di un contesto in cui gli attori coinvolti sono tutti concordi nell’attribuirgli in quel momento quel preciso valore, che potrebbe poi aumentare o diminuire nel tempo.
Può sembrare un concetto difficile, ma se prendiamo in considerazione le nostre esperienze quotidiane, troviamo tanti esempi concreti che ci aiutano a tradurlo in termini semplici e renderlo meno astratto.
Ecco il primo esempio concreto.
Quando andiamo al supermercato a fare la spesa e ci rechiamo in cassa a pagare, alla fine dell’operazione, oltre allo scontrino, ci vengono spesso regalati dei bollini. Ormai è uno standard diffuso.
Ci sono supermercati che hanno bollini adesivi e supermercati che li hanno digitalizzati, permettendo agli utenti di custodirli in una tessera fedeltà elettronica.
Il concetto è però esattamente il medesimo. Se faccio la spesa in un certo supermercato, ottengo i bollini che quel supermercato distribuisce.
Quanti bollini ricevo ad ogni spesa?
Generalmente, dipende da quanta spesa faccio: più spendo e più ne ricevo in premio.
E cosa posso fare con questi bollini?
Si vincono ricchi premi e cotillon! La macchina del caffè per le cialde, il nuovo frullatore, la tv col digitale terrestre e…per chi ha raccolto più bollini anche un weekend per due in una capitale europea!
I bollini del supermercato altro non sono che token, ovvero oggetti a cui è possibile attribuire un valore in virtù del contesto in cui vengono scambiati ed in virtù del valore che l’organizzazione che li emette decide loro di attribuire.
Di per sé non hanno alcun valore.
È il supermercato che, accettando di ricevere questi bollini come merce di scambio per la cessione di un determinato prodotto (quello che puoi scegliere dal catalogo), decide arbitrariamente di attribuire loro un determinato valore.
Di fatto, li accetta come se fossero una moneta di scambio.
Immagina ora che il supermercato in cui vai a fare la spesa decida da un momento all’altro di non distribuire più bollini.
Ti rechi al negozio, fai la spesa e vai in cassa tutto contento di pagare e ricevere in cambio giusto quei 5 bollini che ti servono per raggiungere la soglia del premio a catalogo tanto desiderato.
Ma al momento di ricevere i bollini, la cassiera ti guarda, ti lascia in mano lo scontrino e tanti saluti. Com’è possibile? Tutta questa fatica di collezionare bollini per mesi e mesi sprecata per niente…Come ti sentiresti in una situazione del genere? E soprattutto: cosa faresti?
L’ipotesi più plausibile è che ti sforzeresti di recuperare in qualche modo quei preziosi 5 bollini che ti mancano.
Chiedi a tutte le tue zie se per caso hanno qualche bollino avanzato…niente da fare! Anche loro sono rimaste vittime del sistema e sono senza bollini! E’ una catastrofe.
Tutto sembra perduto finché non incontri un collega alla macchinetta del caffè…e lui ti confessa di essersi per caso ritrovato nel portafogli 5 bollini, che a lui non servono perché non li ha mai collezionati.
Ecco ci siamo! E’ la luce in fondo al tunnel.
O forse no? Il tuo collega è ben a conoscenza della carestia di bollini che affligge il supermercato e decide di vendere cara la pelle. Inizia così una trattativa estenuante per stabilire il prezzo dei bollini (che da qui in poi chiameremo “token”!).
Quanto sei disposto a spendere adesso per quei 5 token considerando che ti danno la possibilità di vincere quel viaggio per due persone nella tua capitale preferita tanto a lungo sognato? 200, 300 Euro? O forse anche qualcosa di più?
E’ incredibile! 5 pezzi di carta adesivi, accettati solo all’interno di un determinato contesto, sono diventati improvvisamente rara merce di scambio su un mercato secondario!
Con questo semplice esempio, abbiamo scoperto cosa significa che un token può essere considerato un’unità di valore determinata dall’ente o dall’organizzazione che lo emette o dal modo in cui gli utenti decidono di scambiarlo tra loro.
Non è però finita qui, c’è molto di più!
Nell’esempio che abbiamo appena descritto, i bollini del supermercato sono intercambiabili tra di loro. Cosa significa?
Se uscendo dal supermercato con 10 bollini in mano, dovessi scontrarmi per sbaglio con un’altra persona che ha 5 bollini in mano e tutti i token cadessero a terra mischiandosi tra di loro, non ci sarebbe nessun problema. Ognuno riprende una quantità di bollini pari a quella che aveva prima e riprende la sua strada. Non c’è alcun bisogno di capire se prima dell’incidente uno specifico token fosse in mio possesso o in mano alla persona con cui mi sono scontrato.
In questo esempio, il valore di un token è uguale a quello di qualsiasi altro token.
Si parla cioè di “token fungibili”.
Cosa significa fungibile?
Ci viene in aiuto il dizionario Treccani: “In diritto, di beni che, non avendo specifica individualità, possono tenere l’uno il posto dell’altro agli effetti giuridici (il denaro è bene fungibile per eccellenza). Per estensione, e in usi figurati, di cose in genere, e anche di persone, che possono essere usate l’una in sostituzione di un’altra (quindi sinonimo di intercambiabile)”.
Perfetto, si tratta di un bene senza individualità specifica e quindi intercambiabile con un altro bene che può prendere il suo posto.
Possiamo però anche ipotizzare uno scenario dove il valore di un token non corrisponde al valore di un altro token.
Come? Si dovrebbe creare un token unico al mondo, con un ID univoco che permetta di riconoscerlo.
Proviamo a fare un altro esempio pratico.
Possiamo immaginare i token non fungibili come schede telefoniche…da collezione!
Prima dell’avvento dei telefoni cellulari esistevano le cabine telefoniche.
Quelle gabbie colorate in cui Clark Kent entrava giornalista con gli occhiali e usciva supereroe volante e palestrato. Oltre ad essere il guardaroba preferito di Superman, le cabine telefoniche permettevano alle persone, ancora prive di smartphone, di chiamare amici o parenti per emergenze, piuttosto che la propria ragazza (dalla cabina per non farsi sentire da orecchi indiscreti). Ed erano un ottimo strumento per gli scherzi telefonici. Su fisso ovviamente, tutto rigorosamente su numero fisso!
All’inizio, per utilizzare il telefono della cabina telefonica, l’unica opzione possibile era inserire dei gettoni creati ad hoc. Non potevi inserire monete, ma solo gettoni (ossia token fungibili) acquistati dal tabaccaio.
Ti ricorda qualcosa?
Un gettone (fisico in questo caso), il cui valore è stabilito dall’ente che lo emette.
Anche in questo caso, i gettoni erano intercambiabili tra di loro. Nel caso del solito scontro con il tizio del supermercato, sostituendo i bollini con i gettoni telefonici, il risultato della ripartizione rimarrebbe invariato: 10 gettoni a me, 5 gettoni a lui. Un gettone vale sempre la stessa soglia di traffico telefonico.
Più avanti nel tempo, oltre ai gettoni, sono state introdotte le schede telefoniche. Altro interessante esempio di token ante litteram.
Le schede però avevano tagli diversi: da 2.000 fino a 10.000 lire.
Ecco una prima variante al nostro tema.
I token possono avere valori diversi, un po’ come le fiches del casinò.
Se dovessi scontrarmi con il solito impiastro, stavolta dovrei stare attento a verificare il taglio della scheda telefonica per essere sicuro di non ritrovarmi in mano un valore minore di quello che avevo prima dello scontro.
Ma c’è di più.
Una volta consumato tutto il traffico disponibile, le schede telefoniche diventavano oggetti da collezione.
Ricordo schiere di ragazzi aggirarsi per il paese e perquisire ogni angolo delle cabine telefoniche in cerca della tessera più rara.
Le schede telefoniche sono presto diventate oggetti di scambio tra collezionisti. E le compagnie telefoniche hanno assecondato questo trend, introducendo sul mercato tessere telefoniche speciali, serie limitate e numerate, veri e propri pezzi unici.
A questo punto lo scambio delle schede telefoniche sul mercato secondario ha assunto tutto un altro valore. I token non possono più essere scambiati 1 a 1 perché tra di loro ci sono oggetti unici che solo io possiedo.
Quanto è disposto a pagare un collezionista pur di aggiudicarsi il possesso di un oggetto dimostrabilmente unico al mondo? Quanto vale ora quel token unico?
Lo stesso concetto ovviamente può essere applicato a tutti gli oggetti unici: prodotti artigianali, carte da gioco speciali, skin di personaggi dei videogiochi…E non solo!
Oltre che prendere un oggetto ed associarlo ad un token, è possibile prendere un bene unico, come un’opera d’arte, e tokenizzarla, ovvero dividere il valore ed il possesso di quell’opera in N token che possono poi appartenere a proprietari differenti. Come se l’oggetto fosse una multiproprietà, per cui è possibile dimostrare in ogni momento tra quanti token è stata divisa e chi ne detiene il possesso.
Per cedere il possesso di un pezzo di proprietà (rappresentato dal token), devo vendere e cedere il token stesso. Fantascienza? Assolutamente no.
Esistono già siti, come ad esempio Artsquare, dove è possibile acquistare un pezzo di opera d’arte rappresentato da un token non fungibile.
Anche noi in KNOBS abbiamo sperimentato la distribuzione di NFT associati al report di fine anno dell’Osservatorio Blockchain & DLT del Politecnico di Milano, utilizzando token “fisici” ed assegnandone la proprietà tramite una piattaforma di nostra creazione, che ha il primato di primo sistema NFT italiano, Piattaforma K!
Tramite esempi concreti, abbiamo individuato due tipologie di token ben distinte e definite
Spostandoci in ambito blockchain (Ethereum-like, in particolare), abbiamo cioè due standard diversi e distinti per funzioni d’uso e caratteristiche intrinseche:
Proviamo ad esaminarli da vicino.
Dal punto di vista tecnologico, quando parliamo di Token ERC20 facciamo riferimento a dei documenti tecnici che definiscono un preciso standard di programmazione, nato appositamente per la creazione di token.
Nello specifico, lo standard ERC20 nasce per la blockchain di Ethereum. Tuttavia il framework è diventato un punto di riferimento nel settore, ispirando diversi altri standard blockchain.
Perché è importante avere uno standard di riferimento?
Principalmente per due motivi:
Questo significa che i token ERC20 sono automaticamente interoperabili con servizi e software (come wallet o exchange) che supportano lo standard ERC20.
Lo standard ERC20 può dunque definirsi come l’interfaccia con cui indichiamo l’insieme di funzioni che rappresentano il comportamento dell’asset digitale token.
Le funzioni che, invocate, regolano il comportamento di un token ERC20 secondo lo standard sono 6 principali – totalSupply, balanceOf, transfer, allowance, transferFrom, approve – più 3 opzionali – name, symbol e decimal.
Tutte quelle descritte qui sopra sono funzioni obbligatorie dello standard.
Esistono però anche 3 funzioni opzionali: name, symbol e decimal.
Come è facilmente intuibile dai nomi, queste consentono di assegnare ai token una sigla e nomi leggibili in linguaggio umano e di specificare in quanti decimali quei token possono essere divisi.
Abbiamo chiarito le funzioni tecniche di un token fungibile.
Vediamo ora lo standard ERC721 e cerchiamo di capire meglio perché è così importante e per quali motivi sta creando un hype incredibile sul mercato.
Avrai già sentito parlare di NFT, scopriamo meglio di cosa si tratta.
Se ti guardi intorno, o meglio, se guardi nel tuo computer, ti accorgerai che nella nostra vita abbiamo tonnellate di materiale digitale: file, foto, video, programmi vari…siamo letteralmente sommersi!
A differenza di quanto avviene, però, con i beni fisici (CD, libri, quadri, automobili..), per il materiale digitale risulta spesso difficile identificare il proprietario.
Mi spiego meglio: se mandi una tua foto in formato jpg ad un amico, non è chiara la semantica: gli stai mandando una copia o l’originale? Gli stai dando una copia della foto o il possesso della foto stessa?
Il tuo amico potrebbe dire che la foto è sua, duplicarla, darne una copia ad altri, disporne a suo piacimento. Inoltre non puoi fartela ridare, ovvero non puoi più toglierla dalla sua disponibilità né far sapere agli altri che tu non vuoi più che lui ne disponga.
I token non fungibili servono proprio ad implementare questo meccanismo: poiché, grazie alla blockchain, ogni informazione sul loro trasferimento è pubblica, è chiaro a tutti a chi appartengono e puoi trasferirne il possesso a qualcun altro secondo regole precise ed eventualmente anche fartelo restituire.
I token non fungibili gestiti tramite blockchain forniscono quindi un livello di coordinamento per le risorse digitali, assegnando in modo ufficiale e trasparente agli utenti la proprietà di un oggetto digitale ed il permesso di gestione del bene stesso.
Facciamo un esempio concreto per capire cosa significa tutto questo e quali sono le implicazioni di un sistema così costituito.
Poco tempo fa, sul sito Nifty Gateway, marketplace online di arte digitale, è stata messa in vendita l’opera “CROSSROADS” dell’artista digitale Mike Winkelmann, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Beeple.
Venduta per 6,6 milioni di dollari, è l’opera digitale più costosa mai messa all’asta.
Come tutti i pezzi di Beeple, “CROSSROADS” è un’opera NFT (token non fungibile) autenticata dalla tecnologia blockchain. Consiste in un’immagine crittografata, accompagnata da una firma digitale che non può essere contraffatta e dà così agli acquirenti la certezza che il loro acquisto è una copia autentica.
Cosa significa questo? Che chiunque sia in possesso di quel token non fungibile può dimostrare senza ombra di dubbio di essere il proprietario dell’opera. Quello dei token non fungibili su blockchain è l’unico sistema digitale che consente di certificare in modo certo il possesso di un asset digitale: ogni oggetto digitale non gestito tramite blockchain, infatti, può essere facilmente duplicato.
Questo cambia completamente le regole del gioco!
A molti sfugge ancora il meccanismo per cui un oggetto digitale possa assumere così tanto valore, ma per la generazione degli Zoomer la rivoluzione NFT è perfetta.
Gli Zoomer non chiederanno mai “perché questo ha valore?” Lo acquisteranno proprio come tutti gli altri beni digitali che sono abituati ad acquistare.
E’ in atto una vera e propria rivoluzione.
A livello di codice, le funzioni che contraddistinguono il comportamento di un token con standard ERC721 sono piuttosto semplici.
Molte funzioni sono identiche a quelle di un token ERC20, come la possibilità di trasferire token o vedere il bilancio di un certo address.
Quello che fa davvero la differenza è il fatto che ogni token ERC721 ha un ID univoco che lo contraddistingue ed un proprietario che lo possiede grazie alla funzione:
Ad onor del vero, la funzione che permette di trasferire token ERC721 è leggermente diversa rispetto allo standard ERC20.
La funzione “function_transfer (address from, address to, uint256 tokenId) {}” non chiede, infatti, di specificare quanti token vuoi trasferire, come avviene nella transfer ERC20, ma invece di indicare quale token dello specifico vuoi trasferire. E per farlo devi indicare l’ID del token come è giusto che avvenga per oggetti digitali unici.
Ecco, questo è tutto ciò che serve a livello di interfaccia per rendere un token un oggetto digitale unico e non intercambiabile: un ID univoco che lo contraddistingue.
Ora che abbiamo definito cos’è un token non fungibile, cerchiamo di capire come può essere utilizzato.
Per prima cosa, descriviamo le caratteristiche che lo rendono unico nel panorama digitale:
A febbraio 2021 sono stati venduti oltre 100 milioni di dollari in NFT.
Il trend è trainato dagli artisti stessi, che hanno scoperto la possibilità di rendere uniche le proprie opere digitali e hanno iniziato ad emettere NFT.
E le persone hanno reagito iniziando a comprare token non fungibili per assicurarsi il possesso di un pezzo d’arte unico, file o audio che sia.
Perché gli artisti con un seguito creano e vendono NFT?
Semplicemente perché è infinitamente più facile che lavorare con un’agenzia che cura la promozione e vendita delle loro opere (trattenendo tra l’altro per sé una lauta ricompensa).
I creatori di contenuti si stanno affacciando a questo mondo per esplorare meccanismi di valorizzazione della produzione artistica inediti e promettenti.
Solo nell’ultimo mese il mercato degli NFT è cresciuto del 400%, (ad esempio, il Cryptopunk #6965, figurina digitale in stile 8bit, è stato scambiato per 1,6M$).
Ecco di seguito alcuni interessanti link che certificano il recente boom del fenomeno NFT:
Si tratta di una bolla come per gli ICO del 2017, oppure di “vero” valore liberato in modo innovativo?
Gli NFT rivoluzioneranno il rapporto tra creatori, pubblico e mercato?
Ai posteri l’ardua sentenza, ma intanto, in questa intervista, puoi ascoltare l’opinione di uno tra i massimi esperti italiani nel settore.