Costruire una crescente consapevolezza e trasparenza nel settore delle criptovalute è una delle chiavi per rendere il nuovo universo blockchain sempre più accessibile e alla portata di tutti.
Lo dimostra Brian Armstrong, CEO e co-founder di Coinbase, primo exchange di criptovalute al mondo per numero di utenti registrati, con la risonanza che ogni sua intervista, dichiarazione, commento Twitter sulle news del settore produce all’interno e all’esterno dell’ecosistema blockchain.
“Crypto startups I wish I could build today” è uno dei suoi tweet più celebri degli ultimi tempi, con il post audio, accompagnato da un blogpost sul sito della società, in cui condivide le sue previsioni su quelli che saranno trend di evoluzione e linee di sviluppo del settore crypto nel 2024.
Curioso di sapere quali sono?
Continua a leggere e scoprili insieme a noi!
Secondo Armstrong, le flatcoin potrebbero rappresentare uno strumento decisivo per il progressivo avvicinamento del grande pubblico al mondo delle criptovalute e per l’acquisizione di confidenza e fiducia, al punto che potrebbe essere importante per Coinbase iniziare a sperimentare e investire in questo spazio.
Facciamo un passo indietro.
Sai cosa sono le flatcoin?
Il termine è stato coniato da Balaji Srinivasan, ex-CTO di Coinbase, per indicare una nuova tipologia di criptovaluta che inizia ad affacciarsi nell’ecosistema crittografico.
Si tratta di un tipo particolare di stablecoin, che ha il vantaggio di essere completamente decentralizzata e, soprattutto, di restare svincolata dalle fluttuazioni dovute all’inflazione, perché non è ancorata ad una valuta fiat o a valori come l’oro, ma al potere d’acquisto o all’indice dei prezzi al consumo.
Oggi molte persone sono ancora riluttanti ad utilizzare valute cripto come i bitcoin o anche soltanto ad avvicinarsi alle stablecoin, per quanto queste rappresentino un valido step intermedio poiché sono garantite da valute fiat (e di conseguenza, però, hanno, come queste, il limite di soffrire degli effetti dell’inflazione).
Le flatcoin potrebbero costituire nel 2024 una porta d’accesso perfetta al mondo delle valute su blockchain perché percepite come più affidabili, sicure e meno esposte delle altre valute, fiat o cripto, all’instabilità dei mercati finanziari.
Già oggi abbiamo la possibilità di utilizzare i sistemi di identità decentralizzata abilitati dalla blockchain e di farlo in modo semplice e intuitivo.
Pensiamo, ad esempio, al servizio di domain name ENS (Ethereum Name Service) dell’ecosistema di Ethereum, che apre le porte alle dinamiche e agli strumenti del Web3, dalle transazioni alle possibilità di interazione con gli smart contract all’accesso alle DApp, permettendo di convertire i codici e le stringhe alfanumeriche del linguaggio macchina in nomi leggibili dall’uomo.
Nei sistemi attuali, manca però ancora un tassello.
Cosa garantisce, infatti, in un sistema decentralizzato la piena affidabilità della nostra controparte?
Come faccio a sapere a chi posso effettivamente dare fiducia, ad esempio ad essere certo dell’onestà di un commerciante o della professionalità di un artista?
Qui interviene, secondo Armstrong, un elemento che potrebbe segnare un passo avanti cruciale nel mondo crypto: la reputazione on-chain e la possibilità di misurarla.
Come possiamo farlo?
Potremmo pensare, ad esempio, di creare un protocollo su blockchain in grado di assegnare un punteggio a ciascun indirizzo wallet o nome ENS e di misurare attraverso questo punteggio la qualità e l’affidabilità di ogni attività svolta on-chain da singoli utenti, protocolli e auditor.
Un meccanismo di questo tipo permetterebbe di gestire in modo ancora più trasparente e tracciato un range ampissimo di servizi su blockchain, in primo luogo quelli finanziari (DeFi), e di poter verificare in ogni momento la valutazione di servizi e prodotti, prevenendo così frodi, abusi e appropriazioni indebite.
Le dinamiche e gli strumenti del Web3 permettono di immaginare nuovi modelli di business anche per la pubblicità digitale.
Messo da parte il meccanismo tradizionale di CPC (Cost Per Click), che prevede il pagamento ogni volta che qualcuno clicca su un annuncio, diventa ora possibile implementare logiche fondate sul CPA (Cost Per Acquisition), cioè sul pagamento solo nel caso in cui qualcuno effettua una transazione o un acquisto.
Immagina di caricare e quindi certificare on-chain i dati della tua campagna pubblicitaria: diventa possibile seguire in ogni momento e in modo certo e trasparente il suo andamento, pregresso e presente, e verificare quanto ha effettivamente convertito.
Come esempio concreto, Brian invita ad immaginare cosa accadrebbe se ogni smart contract potesse mostrare alcuni metadati su quanto è necessario pagare per indirizzare gli utenti verso una determinata azione, ad esempio un’azione che richiede l’inserimento di un indirizzo di referral con il pagamento di una commissione predefinita.
Se tutti i contratti intelligenti creati con queste caratteristiche venissero registrati e indicizzati, si creerebbe un elenco di annunci disponibili e i wallet e le DApp più popolari potrebbero, ad esempio, scegliere a quali annunci o link di referral indirizzare le richieste e condividere i profitti quando generano utenti e li inducono a compiere determinate azioni.
I meccanismi di raccolta fondi trasparente, tracciabile e certificata che la blockchain rende possibili attraverso strumenti come le ICO hanno permesso di raccogliere capitali su scala globale in modo semplice, immediato e trasparente già dal 2017 e sono destinati ad essere implementati ed utilizzati da una fascia sempre più ampia di utenti.
Sarà necessario ottimizzare alcuni aspetti per migliorare ulteriormente la tutela dell’investitore e la protezione da truffe e scam, ma questa risorsa ha un potenziale d’impatto notevole e potrà permettere nel corso del 2024 di distribuire più equamente le possibilità di accesso al capitale, indipendentemente dalla localizzazione geografica, e di sbloccare energie imprenditoriali che oggi restano ancora latenti.
L’avvento del Web3 unito ai processi di globalizzazione e digitalizzazione potrebbe segnare l’affermarsi di logiche completamente nuove sul mercato del lavoro.
Caduto il limite dei confini geografici e la barriera rappresentata dalla difficoltà di fare pagamenti oltre i confini nazionali, diventa ora possibile accedere ad un sistema più libero e globale, in cui, ad esempio, le aziende iniziano a disporre di strumenti digitali per gestire il lavoro da svolgere in modo più rapido ed elastico, ad esempio postando online i task da compiere con la retribuzione in criptovalute per chi le eseguirà, e i professionisti accedono ad offerte di lavoro da tutto il mondo con corrispettivi più equilibrati e trasparenti.
L’introduzione dei protocolli ZKP ha permesso di garantire un elevato standard di privacy e sicurezza dei dati degli utenti, tanto che oggi rappresentano una delle soluzioni più utilizzate, soprattutto per blockchain Layer 2.
Il 2024 porterà un’attenzione ancora più alta verso questa tecnologia che può rispondere ad un’esigenza concreta di molte aziende, ad oggi ancora insoddisfatta: la possibilità di decidere quali dati mantenere pubblici e quali privati e poter così tutelare le proprie informazioni dallo spionaggio industriale e da interferenze e manipolazioni esterne.
Implementando i sistemi con le “dimostrazioni a conoscenza zero” diventerebbe, ad esempio, possibile decidere se gestire una transazione in modo privato, con un costo leggermente più alto e maggiori tempi di verifica, o in modo pubblico ma più efficiente in termini di costo e velocità.
Diventerebbe cioè possibile non solo migliorare ed aumentare la privacy, ma anche creare nuovi modelli e strategie di business.
Tra le opportunità che blockchain e Web3 hanno introdotto, una delle più importanti e rivoluzionarie è la possibilità di effettuare scambi di valore peer-to-peer.
Se da un lato, questo nuova modalità può rappresentare una risorsa cruciale per mercati emergenti e meno sviluppati, dall’altro ad oggi dobbiamo fare i conti con il fatto che gli scambi peer-to-peer sono ancora gestiti da enti centralizzati, che possono penalizzare la libertà individuale, e che il meccanismo di tokenomics dei vari DEX non funziona ancora in maniera ottimizzata.
È indispensabile lavorare invece per favorire l’affermarsi di soluzioni per lo scambio di criptovalute che siano completamente decentralizzate, interamente gestite sulla blockchain, e possiedano appieno i requisiti di garanzia, reputazione e mediazione.
Il settore del gaming Web3 sta attirando considerevoli investimenti, da un lato sulla scia dell’interesse storico verso questa industria, che da sempre attrae l’ingresso di capitali, e dall’altro grazie alle potenzialità di applicazione della blockchain.
Una delle potenzialità chiave è la possibilità per i giocatori di vivere grazie alla tecnologia NFT un’esperienza di interazione a 360° con il gioco, la community che vi gravita intorno e la stessa casa produttrice.
Diventa infatti possibile essere proprietari effettivi degli oggetti di gioco e venderli in versione Non Fungible Token oppure acquistare NFT prima del lancio ufficiale del gioco, contribuendo a finanziarne lo sviluppo e acquisendo il diritto a parte delle revenue generate dalla vendita.
Il prossimo step sarà, secondo Armstrong, esplorare le potenzialità di utilizzo e interazione delle criptovalute con i giochi e comprendere come gli oggetti virtuali acquistati e posseduti possono persistere nel mondo digitale, dando vita alla costruzione di un ecosistema di gaming più ricco e coinvolgente, ma anche, a tendere, ad economie complesse fondate su logiche di interazione peer-to-peer.
I Real World Asset (RWA) ossia i security token o “titoli tokenizzati” sono uno dei trend in maggior fermento in ambito DeFi e attirano sempre più l’attenzione di aziende e investitori pronti ad esplorare le opportunità della blockchain.
La tokenizzazione, cioè la possibilità di registrare in forma di token su blockchain la proprietà e il valore di strumenti finanziari o beni fisici – come possono essere azioni, fondi d’investimento, opere d’arte, oggetti da collezione, proprietà immobiliari – e di acquistarli o venderli come criptovalute o NFT, infatti, ha tutto il potenziale non solo per abilitare nuovi modelli e strategie finanziari, ma per sbloccare liquidità in parti del mondo dove gli investitori non hanno altrimenti accesso ad infrastrutture finanziarie adeguate.
Questo settore ha, secondo Brian, oggi un unico freno, che potrebbe essere fortemente limitante nello sviluppo delle sue potenzialità: la rigida regolamentazione necessaria oggi perché il suo sviluppo possa essere sicuro per tutti gli attori che entrano in gioco.
Infine, Brian Armstrong sottolinea un interessante risvolto sociologico che il Web3 rende possibile e che ritiene importante valorizzare.
Molto presto, magari già con una fase di esplorazione e sperimentazione nel 2024, la tecnologia NFT potrebbe permettere di registrare e certificare su documenti d’identità digitali le azioni dei cittadini e consentire, con strumenti appositi, ad esempio attraverso la costituzione di DAO o lo sviluppo di software che implementino le infrastrutture oggi esistenti, di assegnare un rating ai comportamenti, offrendo benefici e riconoscimenti ai cittadini virtuosi e penalizzando invece chi assume atteggiamenti scorretti o dannosi verso la comunità.
La fattibilità di processi di questo genere è naturalmente dibattuta, perché tocca temi delicati come la tutela della privacy e la libertà individuale.
È in ogni caso interessante scoprire come la visione di una delle figure che guidano la trasformazione digitale a livello mondiale su ciò che il nuovo universo blockchain ci porterà nel prossimo futuro coinvolga davvero tutti gli aspetti del nostro quotidiano, da quelli più strettamente economici e finanziari alla vita sociale all’interazione del singolo con la comunità, reale o digitale, di riferimento.